lunedì 17 ottobre 2016

Sicurezze

Ho l'impressione che più salda è la nostra vita, meno capacità abbiamo di individuare e ponderare le sfide (nel senso più ampio di relazioni, eventi, progetti ecc)  in cui incappiamo.

Più sicura, al riparo dai flutti, è la nostra casa in faccia al mare, meno occasioni di affrontare le burrasche e sentirne la salsedine.

Più intensa e calda la fiamma nel camino, meno voglia di affrontare il freddo là fuori.

Mantenere uno sguardo aperto, lungimirante e in ricerca è più difficile quando si è appagati da una vaga sicurezza.
Forse non è miopia ma semplicemente sana pigrizia.

Ma non ne farei un principio: non è che più uno cade e più si innalza.

L'importante, per me, è lo sguardo.

In questo solco ho trovato belle queste 2 poesie di Anne Sexton (la ragazza della foto):

… Al mio amante che torna da sua moglie

Lei è tutta là.
Per te con maestria fu fusa e fu colata, 
per te forgiata fin dalla tua infanzia, 
con le tue cento biglie predilette fu costrutta.

Lei è sempre stata là, mio caro. 
Infatti è deliziosa. 
Fuochi d'artificio in un febbraio uggioso
e concreta come pentola di ghisa.

Diciamocelo, sono stata di passaggio. 
Un lusso. Una scialuppa rosso fuoco nella cala. 
Mi svolazzano i capelli dal finestrino. 
Son fumo, cozze fuori stagione.

Lei è molto di più. Lei ti è dovuta, 
t'incrementa le crescite usuali e tropicali. 
Questo non è un esperimento. Lei è tutta armonia. 
S'occupa lei dei remi e degli scalmi del canotto,

ha messo fiorellini sul davanzale a colazione, 
s'è seduta a tornire stoviglie a mezzogiorno, 
ha esposto tre bambini al plenilunio, 
tre puttini disegnati da Michelangelo,

l'ha fatto a gambe spalancate
nei mesi faticosi alla cappella. 
Se dai un'occhiata, i bambini sono lassù
sospesi alla volta come delicati palloncini.

Lei li ha anche portati a nanna dopo cena, 
e loro tutt'e tre a testa bassa, 
piccati sulle gambette, lamentosi e riluttanti, 
e la sua faccia avvampa neniando il loro
poco sonno.

Ti restituisco il cuore. 
Ti do libero accesso:

al fusibile che in lei rabbiosamente pulsa, 
alla cagna che in lei tramesta nella sozzura, 
e alla sua ferita sepolta
- alla sepoltura viva della sua piccola ferita rossa -

al pallido bagliore tremolante sotto le costole, 
al marinaio sbronzo in aspettativa nel polso
sinistro, 
alle sue ginocchia materne, alle calze, 
alla giarrettiera - per il richiamo - 

lo strano richiamo
quando annaspi tra braccia e poppe
e dai uno strattone al suo nastro arancione
rispondendo al richiamo, lo strano richiamo.

Lei è così nuda, è unica. 
È la somma di te e dei tuoi sogni. 
Montala come un monumento, gradino per gradino. 
lei è solida.

Quanto a me, io sono un acquerello. 
Mi dissolvo.

e ancora lei:



11 Dicembre


Poi a letto penso a te,
la tua lingua metà oceano, metà cioccolata,
alle case dove entri con disinvoltura,
ai tuoi capelli di lana d’acciaio,
alle tue mani ostinate e come rosicchiamo la barriera perché siamo due.
Come vieni e afferri la coppa di sangue, mi ricompatti e bevi la mia acqua salata.
Siamo nudi.
Ci siamo denudati fino all’osso e insieme nuotando risaliamo il fiume, l’identico fiume chiamato Possesso e vi sprofondiamo insieme.
Nessuno è solo.

domenica 31 luglio 2016

Sei una Stella

Recentemente ho sentito una intervista a Gianni Morandi dove tra 1000 elogi dei social e in generale delle nuove tecnologie (iTunes ecc), riportava una strana sensazione nel vedere, ai suoi concerti, tutti  con il cellullare a riprenderlo, quasi che fosse piu importante la condivisione successiva (difficilmente quei video erano fatti per poter rivedere il concerto da soli nella propria camera) e , immagino io, il numero dei “mi piace”, piu importante delle sensazioni del concerto stesso li e in quel momento. 

Sotto il palco, ai miei tempi ci si spintonava, si cantava a squarciagola o si ondeggiavano gli accendini all’unisono. E non è la stessa cosa che tenere alto con 2 braccia il proprio cellulare preoccupandosi delle teste di quelli davanti.
Nel vedere la natura delle condivisioni sui social delle varie attività non posso non chiedermi quanto ci sia di condivisione sostanziale (di sostanza) e autentica e quanto, invece,  sia cercare l’altrui audience (esplicita nel “mi piace”, implicita nel postare da li, sul palco) per trovare ulteriore luce sulle proprie giornate.

Quanto abbiamo bisogno dell'altrui accettazione, e più ancora dell'altrui sguardo, per accettarci?

Lungi dal criticare Facebook quale strumento di condivisione e quindi utilissimo canale per tenersi aggiornati, è solo una riflessione di sfrondamento (che posto su FB J.) a segnalare un rischio.


Mi sono venute in mente le stelle che, a differenza dei pianeti, brillano di luce propria. “Sei una stella” ha, in effetti, ben altro peso che “Sei un pianeta”